Bremen, Staats- und Universitätsbibliothek, msc 0036
aa. 882-917
Pergamena; ff. 62; mm 170 × 120; testo a piena pagina di rr. 17/ll. 17, comprese in uno specchio di scrittura di mm 120 x 85. Iniziali semplici; testo in minuscola carolina, con titoli in onciale. Il manoscritto, rubricato, è rilegato in cartone, con dorso e angoli rivestiti in pelle. Sul dorso si trova un'etichetta, parzialmente staccata, con la dicitura «Paulus Diaconus. De episcoporum Metensium ordine». Cartulazione in matita di epoca moderna. Dopo il f. 22 è annessa una carta volante piegata (riferibile verosimilmente all'inizio del XVII secolo) che riporta un carme seduliano trascritto dal III libro della Concordantia Catholica di Niccolò Cusano. Il codice contiene una lista di nomi dei presuli mettensi dal protovescovo Clemente fino a Wala (876-882) (ff. 2r-3v), il Liber de episcopis Mettensibus di Paolo Diacono (ff. 4r-18v) e il Liber de rectoribus christianis di Sedulio Scoto (ff. 18v-63r), che viene trasmesso qui mutilo, interrompendosi alle parole del capitolo XVII «et connexio et incrementum regie potestatis //», completamente privo dei componimenti che l'autore alterna alla prosa alla fine di ogni capitolo. L'interruzione della lista vescovile al nome di Wala (morto nell'882 e già venuto a mancare al momento della redazione del codice, come reso evidente dall'annotazione «Wala archiepiscopus sedit annos VI dies V obiit III Idus aprilis», f. 3v) e il fatto che la lista non riporti il nome del successore Roberto († 917) consente di poter collocare il manoscritto nella forbice 882-917; da questo dato deriva la datazione di Irene Stahl, che colloca la creazione del manufatto al 900 ca. Il manoscritto, probabilmente originario di Metz, passò dopo la metà del X secolo alla cattedrale di Notre-Dame di Strasburgo, come dimostrato dalla nota «Erkan<boldus> presul sancte dat dona Marie», apposta al centro del primo foglio di guardia. La nota consente di identificare il possessore del codice in Erchembaldo, vescovo di Strasburgo dal 965 al 991; essa viene ripetuta nella parte alta del medesimo foglio, da una mano probabilmente più tarda.Il testo del Liber de episcopis Mettensibus è trasmesso nella forma non interpolata dall'ampliamento agiografico su Clemente ed è privo dei cinque epitaffi dedicati alle principesse carolinge; l'assenza dei componimenti è segnalata da un rigo bianco lasciato dal copista successivamente alla formula che allude alla loro appartenenza al testo (73 «Quarum omnium epitaphia a nobis iussu gloriosi regis Caroli composita ut de eis liquido lectori satisfieret subter adnettere curavi»). La scrittura del testo ben organizzata sui fogli, nella quale ogni periodo viene iniziato con una lettera capitale di modulo più grande rispetto al corpo del testo, fa pensare a una copia di pregio. Una seconda mano, da ricondurre presumibilmente al periodo tra la seconda metà del X e l'inizio dell'XI secolo, ha apportato alcune correzioni e integrazioni marginali al testo paolino.In un articolo del 1878, Ernst Dümmler riconosceva nel testimone bremense il modello dell'editio princess di Marquard Freher; qualche anno dopo Siegmund Hellmann supponeva invece che il testimone B e l'edizione fossero stati copiati da un modello comune, da identificarsi con un manoscritto conservato a Gorze nell'XI secolo, o con il suo antigrafo, nel quale erano ugualmente trasmessi il Liber paolino seguito da un testo di Sedulio, il Commentario a Matteo.
(ff. 4r-18v) Liber de episcopis Mettensibus
f. 4r: Incipit Libellus de numero sive ordine episcoporum qui sibi ab ipso predicationis exordio in Mettensi civitate successerunt
f. 4r inc.: Postquam peractis omnibus quae cum patre pro mundi salute gerenda disposuerat
f.18v expl.: minus idonee non audeo quae de vestrae vitae cursu laudabili maiori stilo promenda sunt
BIBLIOGRAFIA: E. Dümmler, Aus Handschriften, in «Neues Archiv der Gesellschaft für ältere deutsche Geschichtskunde», 3 (1878), pp. 187-91, ma alle pp. 187-9; S. Hellmann, Die Bremenser Handschrift von des Paulus Diaconus «Liber de episcopis Mettensibus», in «Neues Archiv der Gesellschaft für ältere deutsche Geschichtskunde», 30 (1905), pp. 467-70; Morin, Le catalogue cit., pp. 1-14, ma a p. 7; S. Hellmann, Sedulius Scottus, (Quellen und Untersuchungen zur lateinischen Philologie des Mittelalters, 1), München 1906, pp. 11-8; B. Bischoff, Katalog der festländischen Handschriften des neunten Jahrhunderts (mit Ausnahme der wisigotischen), I. Aachen-Lambach, Wiesbaden 1998, p. 144; Katalog der mittelalterlichen, pp. 248-9; Goullet, Arnulfus, in Miracles, cit., pp. 224-5.